Da Novara a San Josè e ritorno

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Successo per il primo appuntamento con i ragazzi di A3Cube e i big data. Giovedì 17 marzo incontro con l’evoluzione cartografica di Geo4Map

 

La quarta edizione di Novara Silicon Valley sembra candidarsi ad essere quella più ricca e partecipata, almeno a giudicare dal successo del primo appuntamento: più ricca, con un calendario passato da 4 a 6 incontri; più partecipata con una sala gremita in ogni dove, per ascoltare la prima delle esperienze in programma, quella dei novaresi Emilio Billi e Antonella Rubicco fondatori della A3cube Inc. a San Josè in California.

“S come…sogno, scommessa, silicio, startup, sacrifici, soddisfazione. E naturalmente Silicon Valley” il titolo dell’incontro aperto dal Presidente della Fondazione Novara Sviluppo, Giovanni Rizzo, con un breve saluto ai partecipanti e l’augurio di poter vivere al meglio questo viaggio attraverso esperienze  innovative e vincenti. Un augurio che, via skype, ha voluto ribadire anche Paolo Marenco, fondatore dell’Associazione La Storia nel Futuro e ideatore dell’iniziativa Silicon Valley Study Tour.

Prima di entrare nel vivo dell’incontro, spazio anche a pochi chiarimenti su come si svilupperà l’iniziativa con le sue 2 fasi. La prima che coincide con il ciclo di 6 conferenze di  imprenditori, giovani innovatori, partecipanti alle edizioni precedenti, ricercatori: persone che racconteranno la propria esperienza di innovazione e si presteranno a rispondere alle domande del pubblico, generando un dibattito costruttivo. Dibattito che proseguirà, interamente in lingua inglese, sul forum di selezione degli studenti al sito www.siliconvalleystudytour.com, e che consentirà agli organizzatori di selezionare gli studenti più meritevoli, che potranno partecipare alla seconda fase.

La seconda fase sarà  proprio la partecipazione al “Silicon Valley Study Tour”, una settimana, a fine agosto, di vera e propria immersione nella Silicon Valley.

“Non pensavamo di trasferirci a San Josè, nella Silicon Valley – iniziano il loro racconto Emilio e Antonella – almeno non agli inizi. Dal 2009 abbiamo fatto da spola tra Stati Uniti ed Europa. L’azienda che avevamo (EB Engineering) era conosciuta in ambito HPC come azienda innovativa all’avanguardia, con un ottimo background e knowledge. Tutto lo sviluppo del prodotto e la prima produzione sono state fatte nel Bel Paese, ma l’ecosistema non ci ha permesso di restare. Abbiamo infatti presentato il nostro progetto in Italia, nel 2011, ma ci risposero che la nostra tecnologia non avrebbe mai potuto funzionare. In USA però, nello stesso periodo, un cliente stava positivamente testando il nostro prodotto. E’ per questo che nel 2012 abbiamo deciso di chiudere l’azienda in Italia e spostarci in US, trasferendo quello che avevamo creato dall’Europa al Nord America. La scelta della Silicon Valley fu dovuta al fatto che la maggior parte dei nostri clienti sono a San Jose”. 

Oggi A3Cube è una realtà affermata nell’ambito dell’architettura informatica per big data, con 23 dipendenti e un’attività incessante di ricerca e sviluppo hardware.

“Posso dire che siamo stati fortunati – proseguono nel racconto – anche se la fortuna c’entra ma fino a un certo punto. La Silicon Valley è un posto che ti offre possibilità, premia perseveranza e merito ma, se non sei bravo, con la stessa velocità con cui ti consente di avviare il tuo progetto, ti respinge. Noi italiani, ma gli europei in generale, siamo un po’ vittime della “sindrome da incompetenza”. Siamo portati a pensare che il successo che riusciamo ad ottenere qui sia tutto merito della fortuna o “dell’ecosistema” favorevole. Forse perché le opportunità nel nostro Paese sono così poche e così difficili da raggiungere. L’esatto opposto di quanto accade nella Silicon Valley, dove, tra le altre cose noi italiani siamo considerati, in taluni settori specifici, un’elite. Nessuno qui ha dimenticato che il pc, quello su tutte le scrivanie di tutti gli uffici fu un’invenzione tutta italiana. Era il 1965 e la Olivetti lanciò sul mercato la P101, computer programmabile a schede magnetiche. Non disponeva del microprocessore, che non era stato ancora inventato, ma era dimensionata per stare su una scrivania”

“Sì, siamo l’eccellenza – continuano Billi e Rubicco – anche se oggi il mercato è cambiato molto. Il modello macro industriale americano ha dimostrato tutti i suoi limiti e oggi sta privilegiando una nuova artigianalità. Non pensiamo alla vecchia figura dell’artigiano, ma a una nuova figura, più innovativa, ma che comunque punta all’eccellenza. Insomma una nuova era quella dell’artigianato, digitale e non!”

Via dunque al dibattito sul forum in attesa del prossimo appuntamento, in programma giovedì 17 marzo. Si cambia genere ma si resta settati sull’innovazione, sull’evoluzione, in questo caso delle carte geografiche e della cartografia. Geo4Map si è spogliata delle vesti di start up per divenire ufficialmente l’azienda che ha raccolto il testimone di De Agostini per proseguirne la tradizione trasportandola nel nuovo millennio.

Ne parleremo, a partire dalle ore 17, con Stefano Giuliani, che di Geo4Map è fondatore e amministratore delegato.

Fondazione_NS

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